19 Dic L’Autosviluppo è un viaggio, ma qual è la direzione?
Principi, valori, comportamenti stanno subendo pressioni di varia intensità e diversi orientamenti. “Cambiare verso” è lo slogan più praticato del momento. È una considerazione che vale in tutte le diverse realtà in cui si è impegnati: quella familiare, quella sociale e culturale, quella lavorativa, tutte accomunate dalla spinta al cambiamento. In questo scenario è possibile cercare di governare e non subire gli eventi?
L’unico aggancio di relativa stabilità è nel miglioramento delle proprie competenze e nella conoscenza dei propri punti di forza e di debolezza, per ridefinire la propria efficienza e per crescere. A questo fine diventano uno strumento potente i Quaderni per l’Autosviluppo (clicca) che aiutano a migliorare l’efficacia richiesta nelle dimensioni che più interessano:
– personale (l’iniziativa, l’autonomia,…)
– realizzativa (l’orientamento al risultato, la gestione delle priorità,…)
– relazionale (l’ascolto, la collaborazione,…)
– manageriale (lo sviluppo del gruppo, la leadership,…)
– cognitiva (il problem solving, l’innovazione,…)
Offrono un aiuto molto valido soprattutto se si sviluppano lungo i quattro bisogni energetici primari (consiglio a questo proposito l’interessantissimo Non si può lavorare così di Tony Schwartz, BUR Saggi, 2011):
– Fisico: la sostenibilità
– Emozionale: la sicurezza
– Mentale: l’espressione di sé
– Spirituale: la significatività
I criteri di funzionamento
L’autosviluppo funziona a patto che sia tenuta in considerazione una condizione di base, una conditio sine qua.: l’autosviluppo è un viaggio. Con una mèta, un percorso, degli ostacoli.
Una mèta perché la persona assume un ruolo di consapevolezza e responsabilità per il proprio sviluppo. Qualcosa di molto più ampio dell’apprendimento, della crescita e dell’innovazione.
Un percorso perché la persona è portata a comprendere i propri processi di sviluppo e ottenere su di essi un coscienza e un controllo positivo; infatti sceglie gli obiettivi, decide come raggiungerli, stabilisce tempi e sequenze delle attività, valuta il successo o i problemi del programma.
Gli ostacoli: la difficoltà di uscire dall’usuale, dalle abitudini per essere esposti all’insolito e costretti a pensare diversamente. Ad avere nuovi occhi. Questo è un punto critico: rimaniamo impantanati nelle abitudini e siamo portati ad aspettarci risultati diversi utilizzando però gli stessi comportamenti. È chiaro cosa ci succede: la visione di quello che accade – determinata dal passato – non può che generare una reazione automatica. Autosviluppo, invece, è una visione non condizionata dal passato – anche se questo è un passato di successo – è una “nuova visione” che determina una risposta consapevole e non un automatismo.
La giusta direzione
Il viaggio per definirsi tale si caratterizza per una partenza e un arrivo. Se l’Autosviluppo è un viaggio dobbiamo però domandarci: qual è la sorte del cammino tra il momento in cui il viaggio inizia e la sua fine? Perché più ci si avvicina alla mèta, più il viaggio arriva a conclusione, al suo termine.
La scelta deve essere chiara: “camminare verso se stessi” (consiglio la lettura di Marie-Cristine Josso, L’âge d’homme, Lausanne, 1991 sul valore formativo dell’autobiografia, e il buon libro di Alfio Cascioli In viaggio con il pellegrino. Camminare leggeri nella società pesante, Franco Angeli, 2011). Solo incontrando se stessi si può comprendere che viaggiatore e viaggio sono un tutt’uno Solo se la direzione è verso se stessi il cammino non è breve, vive di continuità e il viaggio, mano a mano che si avvicina alla mèta, non è destinato a morire. Il bagaglio che ci portiamo appresso e tutto quello che incontriamo nel viaggio, gli incroci, le fermate, gli incontri, gli avvenimenti, gli incidenti, le foto, i ricordi, hanno significato solo con questa direzione.
Se la direzione è verso gli altri con l’imparare a mostrarsi sorridente, imparare a mostrarsi disinvolto, imparare a mostrarsi estroverso, imparare a mostrarsi sicuro, imparare a mostrarsi affidabile e stabilizzante, l’autosviluppo diventa anch’esso reattività, risponditività, vendita: diventa imparare a piacere agli altri. Diventa una patologia non per deviazione dalla norma, ma per eccesso di conformismo, di adattamento alla realtà.
Autosviluppo non è selfie formativo. Autosviluppo è autenticità del proprio sviluppo, è appropriazione di sé e fedeltà a se stessi. È anche la capacità di stare soli con la quale Winnicot definiva la condizione minima della salute mentale. È una delle regole del citatissimo Stephen Cowey: la vittoria privata precede la vittoria pubblica. Non si può avere successo nel lavoro e con altre persone se prima non si è pagato il prezzo del successo con se stessi.
Francesco Tulli
(La fotografia in questa pagina è di Philippe Halsman)
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